Surgelami

SURGELAMI

con Chiara Aquaro,Chiara Della RossaArmando Quaranta, Simone Ruggiero
dramaturg Rosalinda Conti
regia Niccolò Matcovich
aiuto regia Riccardo Pieretti
scenografia Davide Germano
aiuto scenografia Federica Fischia 
ufficio stampa Marta Scandorza
grafica Eleonora Danese
foto di scena Simone Galli

durata 1h 10min
residenza artistica Teatro Studio Uno

La nostra società esalta l’individuo, teme l’aggregazione, svilisce la collaborazione; divide, isola, scoraggia l’idea di futuro. Abitua al consumo dell’attimo presente. Se il consumismo, da fenomeno politico-economico, arriva a diventare la modalità di connessione con l’altro, l’atteggiamento interpersonale imperante, come può sopravvivere la parola “noi”?
“Surgelami – per scongelarmi in tempi migliori” accoglie questa domanda aprendola ulteriormente, nel tentativo di esplorare la complessità, l’incoerenza e la fragilità del rapporto di coppia, oggi. L’imperativo, la richiesta di essere surgelati – ammissione di un’effettiva inettitudine a vivere nel presente – è la provocazione iniziale dalla quale si è sviluppata la drammaturgia scenica del progetto.
Indifferente all’idea di costruire un’architettura fissa e riconoscibile, ma curioso invece di indagare le possibilità del dire e dell’agire in scena assumendosi il rischio dell’imprevisto, lo spettacolo comprende diversi linguaggi, non ultimi i momenti di improvvisazione e interazione diretta tra attori e pubblico, destinatario ma anche co-protagonista della messa in scena.
Quattro fasi scandiscono l’azione scenica: 1. Farfalle 2. Struttura. 3. Catastrofe 4. Domani, a delineare il percorso ipotetico di una relazione. Dialoghi ora realistici ora paradossali si susseguono per mezzo di quattro attori in uno spazio esploso, che prevede la distruzione della quarta parete e quindi la presenza dello spettatore a 360 gradi.
Un frigorifero, unico elemento scenografico, raccoglie gli avanzi di ciò che accade e accoglie uno per uno i quattro attori a turno surgelati, nell’incapacità di comunicare con l’altro nel presente e nella necessità di uno spazio privato in cui dar sfogo a un atto privato, come un flusso di coscienza.
Un finale aperto, passibile di una doppia lettura, lascia allo spettatore la responsabilità di raccogliere la domanda iniziale “perché non siamo più pronti?”; chissà se a questa domanda qualcuno potesse rispondere “vogliamo esserlo”.

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